GILARDI L. «La personalità e la spiritualità di padre Giuseppe Picco S.I. attraverso la sua corrispondenza»,in GILARDI L. - ALLEGRA F., Il Santo con gli Zoccoli. Memorie inedite dei testimoni della vita del Venerabile Padre Giuseppe Picco SJ con studio introduttivo e note biografiche del Vice Postulatore della Causa di Canonizzazione, Parrocchia di San Giovanni Battista, Briga Novarese, Tipografia Testori, Bolzano Nov. 2009, pp. 11-45.
[Qui si riporta il testo, senza le note delle citazioni delle lettere di Padre Picco; per quelle vedere il cartaceo o chiedere all'autore]
La vita del gesuita padre Giuseppe Picco si svolge nel periodo delle due grandi guerre mondiali (nasce nel 1867 e muore nel 1946), a contatto con il popolo di Dio delle campagne e delle montagne dell’Alto Piemonte. Nonostante la sua figura possa apparire, ad un primo sguardo affrettato, piuttosto lontana dalla sensibilità contemporanea e dall’attuale società edonistica, essa conserva tuttavia una sua significativa attualità, soprattutto per i sacerdoti, spesso impegnati oggi in faticose questioni amministrative e nelle crescenti esigenze organizzative delle loro comunità. Padre Picco appare invece come la figura di un sacerdote dedito interamente alla cura spirituale delle persone, alla pastorale dei malati e al ministero degli esercizi spirituali, per i laici e il clero. Proprio la “cura personalis” sembra essere oggi l’aspetto più significativo della sua personalità sacerdotale. Un aspetto secondario, ma anch’esso significativo, spesso lasciato da parte, che qui segnaliamo e che andrà ulteriormente approfondito, è la sua attenzione per le erbe salutari; erbe che egli raccoglieva durante i suoi lunghi viaggi a piedi e di cui faceva dono ai malati che visitava.
Quest’attenzione fa intravedere che la carità sacerdotale del Padre si dirigeva verso le necessità spirituali delle persone che seguiva ma anche verso le loro necessità fisiche. In un momento storico in cui le vocazioni sacerdotali diminuiscono e gli impegni amministrativi dei sacerdoti aumentano, la figura di padre Picco brilla come una stella di spiritualità e di sollecitudine per le necessità integrali della persona, richiamando così tutta la Chiesa ai valori più alti della sua attività caritativa nel mondo.
Una delle testimonianze principali di questo suo modo di vivere il sacerdozio ministeriale è la sua numerosa e semplice corrispondenza, raccolta e custodita da coloro che lo hanno conosciuto personalmente. Attraverso le sue lettere si può entrare in profondità nel suo cuore e giungere a cogliere i valori che hanno guidato la sua vita religiosa e la sua attività sacerdotale. La corrispondenza a noi oggi disponibile non è certamente completa, perché molte lettere sono ancora conservate da privati cittadini, altre sono depositate negli archivi degli istituti religiosi, altre forse sono andate disperse. Attraverso le lettere da noi attualmente consultabili emergono comunque i valori fondamentali della sua vita, che cercheremo qui di presentare sommariamente. Si collocheranno alcune delle lettere più significative nel loro contesto storico, lasciando che siano esse ad illuminare in profondità l’interiorità di questo sacerdote itinerante, non legato ad una parrocchia per la sua particolare vocazione gesuitica, ma che ha esercitato l’apostolato in modo pastorale, visitando le famiglie e gli ammalati nelle loro case, spesso isolate in aperta campagna o in alta montagna. Ripercorreremo qui brevemente la sua vita, lasciando che siano le sue stesse parole a presentarci il suo cuore sacerdotale e la sua carità pastorale.
Gli ideali della giovinezza
Come è ormai noto padre Giuseppe Picco nacque a Nole, nella diocesi di Torino, il 4 luglio 1867, in una famiglia umile ma profondamente religiosa, che ebbe ben dieci figli1. Respirò in casa i valori della fede cristiana vissuta con coerenza, la preghiera fatta insieme ogni sera, la partecipazione alla messa quotidiana e il riposo festivo osservato con devozione2. Un elemento che ha certamente influito sulla personalità di padre Giuseppe fu la presenza in casa dello zio don Giovanni Battista Picco, fratello di suo padre Gaspare, sacerdote e maestro elementare, morto nel 1891, quando il padre Giuseppe aveva già emesso i voti religiosi nella Compagnia di Gesù3. La figura dello zio sacerdote ed educatore ha certamente influito sullo sviluppo della personalità del giovane Giuseppe; fu proprio lo zio a suggerirgli di proseguire gli studi ginnasiali a Lanzo, dove egli incontrò più volte san Giovanni Bosco e maturò la sua vocazione sacerdotale4. Il clima vissuto nella famiglia, umile, laboriosa e religiosa, ha certamente favorito l’assimilazione di quei valori di pietà, dedizione e rigore che hanno poi caratterizzato tutta la sua vita.
Anche il periodo trascorso nel Seminario Arcivescovile di Chieri favorì la maturazione degli ideali di pietà e di dedizione acquisiti in famiglia. Il giovane Giuseppe entrò in Seminario al termine degli studi ginnasiali, nell’autunno del 18835. A Chieri i padri gesuiti avevano il loro Noviziato e lo Scolasticato ed alcuni di essi si recavano in Seminario per ascoltare le confessioni dei chierici diocesani6. Forse fu proprio la presenza dei padri gesuiti come «pii confessori» del Seminario, insieme alle attività da loro svolte nella Chiesa di sant’Antonio, frequentata in precedenza anche da san Giovanni Bosco con i suoi ragazzi, a suscitare nel chierico Picco l’interesse per una tale forma di vita sacerdotale, consacrata e itinerante. Ciò che il giovane Picco vide a Chieri nei gesuiti che andavano ad ascoltare le confessioni dei chierici lo accompagnò per tutta la vita, quasi come un «modello di santità» che lo portò a caratterizzare il suo sacerdozio con un’intensa vita interiore di preghiera e devozione e con una particolare attenzione per le confessioni del popolo di Dio7.
Dopo aver fatto la domanda e alcuni giorni di esercizi spirituali venne accettato nella Compagnia di Gesù ed entrò nel noviziato di Chieri il 22 settembre 18858. Dopo i due anni di noviziato, terminò studi per la licenza ginnasiale, svolse due periodi di attività pastorale con i giovani dei collegi gesuitici di Torino e di Cuneo, e continuò gli studi di filosofia9. Dopo gli studi di filosofia e aver ricevuto il Lettorato e l’Accolitato, nel luglio del 1893, chiese di essere inviato alle missioni gesuitiche dell’Alaska10, ma fu inviato nuovamente al collegio di Torino. Riprendendo dopo due anni gli studi di teologia a Chieri, giunse alla soglia dell’Ordinazione sacerdotale nel luglio del 1899. Quello fu un momento di difficoltà e sofferenza per lui. Riemersero i suoi altissimi ideali di santità e pietà sacerdotale, avvertì la sua umana indegnità a tale compito e si spaventò di tale inadeguatezza11. Si tratta di una situazione interiore che va interpretata in profondità e che può essere molto significativa per la comprensione dell’autentica personalità di padre Picco. Il timore reverenziale avvertito di fronte alla dignità del sacramento dell’Ordine e alla celebrazione dell’eucaristia rese in quel momento la sua interiorità analoga a quella di altre persone. Come prima analogia, quella con il Fondatore dei gesuiti, il quale dopo aver terminato gli studi teologici attese assai prima di ricevere l’ordinazione sacerdotale e celebrare la prima messa12. Inoltre, tale timore e fragilità rende la figura di padre Picco vicina anche alla gioventù contemporanea, sempre piuttosto timorosa verso gli impegni duraturi. Si tratta solo di analogia, con la differenza essenziale ad esempio che per il giovane Picco il timore non derivava dalla durata e dall’immutabilità dell’impegno, ma dal confronto dell’alta dignità e missione del sacramento dell’Ordine con la sua umana debolezza. In quel momento di fragilità e timore reverenziale egli fu comunque aiutato e sostenuto dai suoi superiori, i quali con pazienza gli concessero uno spazio di tempo ulteriore per riflettere e per pregare e gli assegnarono un altro periodo di attività nella scuola apostolica di Monaco e nel collegio Sociale di Torino13. In quei due anni il giovane gesuita riprese coraggio e rimise la sua fiducia in Dio; quindi, dopo gli esercizi spirituali fu ordinato Sacerdote l’8 aprile 1901 a Torino, con l’incarico di rimanere nel Collegio ancora per un anno. L’anno successivo fece il Terz’anno di probazione a Sartirana, in Provincia di Como, e durante il mese di esercizi spirituali si offrì a Dio come «vittima di espiazione» per i sacerdoti infedeli14. Anche questo è un elemento che ha segnato la sua vita e che può offrire oggi un’altra chiave di lettura della sua personalità religiosa. Tornato a Torino, il 2 febbraio 1904 emise gli Ultimi voti con il grado di coadiutore spirituale15.
Nella prassi della Compagnia di Gesù, dopo gli Ultimi voti il giovane gesuita riceve la sua “Prima destinazione”. Questo primo incarico sacerdotale acquista una certa importanza per la comprensione della persona, perché era ed è ancora assegnato tenendo conto del discernimento svolto negli anni di formazione e delle sue qualità umane e religiose. A Padre Picco fu dato come primo incarico duraturo l’ufficio di “Prefetto di chiesa” nella chiesa delle Cinque piaghe di Cristo a Genova, con l’incarico di svolgere anche il ministero delle confessioni e la catechesi nella vicina parrocchia di san Ambrogio16. L’anno successivo, però, fu inviato a Quarto, in una piccola casa d’esercizi dipendente dalla stessa comunità religiosa17. A Genova egli rimase cinque anni, svolgendo i ministeri sacerdotali propri della Compagnia di Gesù: le confessioni, la direzione spirituale e gli esercizi spirituali. Quella prima destinazione configurò stabilmente il suo apostolato sacerdotale e ne definì le linee portanti. I suoi ministeri furono sempre quelli, per tutta la vita. In luoghi diversi e con persone diverse, padre Picco si dedicò sempre al ministero delle confessioni, alla cura delle anime e agli esercizi spirituali, vivendo il suo sacerdozio secondo il carisma originario della Compagnia di Gesù e in un modo itinerante18.
I ministeri sacerdotali
Delle lettere di padre Picco in nostro possesso, come prima cosa possono essere estratte molte sue considerazioni sugli esercizi spirituali di sant’Ignazio, sia sugli esercizi di un mese sia su quelli di pochi giorni predicati a operai e contadini: sono considerazioni che fanno comprendere l’alta stima di padre Picco per questo ministero e per le grazie che esso conferisce.
a. Gli esercizi spirituali e i ritiri
Una sua breve corrispondenza con san Luigi Orione permette di conoscere gli obiettivi che padre Picco si prefiggeva nel ministero degli esercizi spirituali, obiettivi che lui viveva però quotidianamente. Tra il dicembre 1905 e il gennaio 1906, nella casa d’esercizi di Quarto dove allora si trovava, diede il mese d’esercizi spirituali in forma personalmente guidata a un giovane suddiacono orionino, in preparazione alla sua ordinazione sacerdotale. Dopo quindici giorni d’esercizi, però, vedendo che il giovane chierico era interessato più alle bellezze architettoniche di Genova che al progresso spirituale negli esercizi, decise di rinviarlo a Tortona. Il 26 dicembre, Padre Picco scrive a don Luigi Orione per informarlo che gli avrebbe rinviato il giovane:
Il rev. suddiacono sta ormai per finire i SS. Esercizi, i quali, grazie a Dio, pare abbiano portato qualche frutto. Dico “qualche” frutto e non “molto”, forse perché fu alquanto dissipato dalla bellezza del luogo e dalla mitezza del clima, i quali facevano che non potesse concentrarsi con quella serietà che si sarebbe desiderato. Così per uno che esca dagli Esercizi di S. Ignazio ben penetrato della vanità del mondo mi pare che non dovrebbe avere tanta smania di vedere le bellezze della città di Genova, come sembrami avere ancora questo suddiacono. Ad ogni modo, per non tenerlo più di quindici giorni (sebbene forse ancora qualche settimana starebbegli bene), sabato intenderei di lasciarlo partire da Quarto nelle ore pomeridiane, per poter arrivare a Tortona nella serata. E ciò per evitare le fermate di dissipazione a Genova […] Se fosse più raccolto e in luogo più romito Le domanderei di fermarlo fino all’Epifania “potendo sperare diventasse un Saverio”, ma in questi luoghi ameni e per lui di tanta distrazione mi pare non sia il caso19.
Da queste poche righe si possono cogliere subito i valori che lo stesso padre Picco coltivò per tutta la vita: il raccoglimento interiore, un aspetto degli esercizi di sant’Ignazio, e il distacco dalle vanità del mondo, uno dei frutti principali degli esercizi. Entrambi questi valori trovano infatti negli Esercizi spirituali il luogo della loro principale teorizzazione, esercizi che padre Picco svolse fedelmente ogni anno20. Dopo la lettera di padre Picco, don Orione si rivolse al Vescovo di Tortona e questi scrisse al giovane suddiacono pregandolo di continuare gli esercizi almeno fino all’Epifania. Ecco la risposta di padre Picco a don Orione:
Il Rev. Suddiacono, ricevuta la lettera da Mons. Vescovo, si rassegnò a continuare gli Esercizi. Dico “si rassegnò” perché stava tutto contento pensando alla partenza. Ed ora che mancano tre giorni alla fine, già domandommi quando farebbe l’ultima meditazione. E alla mia risposta “Venerdì mattina” si mostrò ansioso di vedere qualche cosa di Genova, la Lanterna, ecc. Dunque si vede che trovasi pur sempre smanioso di vedere le bellezze della città di Genova. Questo per me è un segno che gli esercizi non hanno ancora prodotto il frutto desiderato. Ma creda pure che per la gioventù forestiera di Genova non è questo il luogo più adatto al raccoglimento. Onde per l’avvenire se avesse a consigliare qualcuno a fare seriamente gli esercizi, sarebbe meglio suggerire la casa di Avigliana, in Piemonte, presso Torino, oppure Chieri, o simile. Così non vi è il fascino del mare che porti a dissipazione, né i palazzi e le ville genovesi da abbagliare la fantasia, anche nei momenti solenni del ritiro e della solitudine. In ogni modo qualche gusto delle cose spirituali pare abbia potuto prendere. E se non altro andrà via convinto che richiedesi virtù soda con preghiera ed umiltà per poter fare qualche poco di bene nei prossimi. Venerdì mattina lo lascerò quindi partire, raccoman-dadogli di arrivare di giorno a Tortona21.
Questa corrispondenza con don Luigi Orione rivela l’alta stima che padre Picco aveva della vita spirituale e mostra la sua convinzione dell’importanza della virtù, della preghiera e dell’umiltà per l’efficacia del ministero sacerdotale. Questi valori che padre Picco ha vissuto fedelmente nella sua vita religiosa, li ha attinti, coltivati e custoditi soprattutto nei suoi esercizi spirituali.
Sappiamo che nel 1909 padre Picco fu inviato a Cuneo, dove svolse il compito di Padre spirituale degli alunni del collegio22, e l’anno dopo a Sanremo con la responsabilità della Chiesa di Santo Stefano23, da poco restituita ai padri della Compagnia di Gesù. Rimase a Sanremo per tre anni, poi nell’autunno del 1912 venne destinato a Gozzano per l’Opera dei Ritiri Operai24. A Gozzano inizia la sua attività di collaboratore nella conduzione degli esercizi spirituali. L’anno successivo, il 25 dicembre 1903, si iscrive alla Lega per la santità sacerdotale25. La sua linea apostolica è ormai tracciata: santità e ministeri sacerdotali. D’ora in poi farà solo quello, per tutta la vita.
L’attività degli esercizi spirituali a Gozzano, che svolse per ben 35 anni, è ampiamente documentata della sua corrispondenza privata. Nel marzo 1913 scrive ad un giovane di nome Giovanni, cui era mancata la madre alcuni mesi prima, per invitarlo agli esercizi con queste parole:
Aspettavo una domanda di V. S. Ill.ma per gli Esercizi spirituali. Finora non avendola vista arrivare stavo già per abbandonare del tutto l’idea, quando stasera all’improvviso mi sento come svegliare da un torpore e dirmi: “Non disperare, perché Catterina otterrà la grazia pel figliolo e Giovanni come degno figlio di tanta Madre saprà ascoltare la buona ispirazione e quel che non fece per il 15 Marzo lo farà quanto prima”. Ecco perché oggi mercoledì 12 corrente, vigilia di quel giorno infausto di Settembre che portò tanto dolore nella loro famiglia, mi prendo ancora la libertà di venire a rinnovare la stessa proposta già fatta altre volte. Venga, carissimo Giovanni, a passare tre giorni qui a Gozzano ne’ santi Spirituali Esercizi. In essi oltre ad attendere all’anima propria attenderà a consolare moltissimo la sua santa Mamma defunta, la quale dal Paradiso, o dal Purgatorio, verrà in soccorso di Lei e delle sue amate sorelle26.
In questa lettera si coglie chiaramente l’attenzione di del Padre per la consolazione spirituale dei fedeli attraverso le grazie specifiche degli esercizi spirituali, il ministero cui si era dedicato principalmente nel suo primo soggiorno a Gozzano. Tuttavia, compare già una sua particolare attenzione per la consolazione dei sofferenti, come risulta in altri brani della medesima lettera, ad esempio il seguente:
Il sig. Dondietti, ferroviere, mi scrisse fin dal mese di novembre domandando un posto per sé ed altri compagni ed ora si trovano felicissimi e ripetono tutti: “Se avessi guadagnato un milione non sarei tanto contento”. Inviti anche Lei e mi scriva domandando di condurre con sé oltre il cognato, qualche altro suo amico […] Resta solo di decidersi quanto prima e allora Lei ritornerà festivo alla propria famiglia portando in mezzo al lutto un bel fiore di primavera di sante speranze e consolazioni nel Signore Nostro G. Cristo che risuscitato dà gaudio e allegrezza27.
Il ministero degli esercizi spirituali e dei ritiri agli operai aprì a padre Picco un ampio campo di ministeri perché ad essi erano collegate le Leghe di perseveranza, associazioni istituite nelle parrocchie per il mantenimento delle grazie ricevute nell’esperienza degli esercizi. Gran parte dei suoi ministeri sacerdotali furono svolti per queste associazioni laicali, popolari e parrocchiali, dove egli si recava insieme ad altri gesuiti per le confessioni e i ritiri mensili. Ecco un brano che ben attesta questa attività:
Per la S. Pasqua predicai le SS. Quarantore in Rastiglione dove potei comunicare due vecchi che da molti anni erano lontani da Dio. A Mezzomerico ebbi la consolazione di vedere una Comunione generale di soli uomini, in numero di duecento. In Maggiate Superiore parimente una Comunione generale di soli uomini al completo. A S. Stefano di Borgomanero per il 24 maggio ebbi da confessare dalle 3 pomeridiane fino alle 10 di sera. Sabato sera andrò a Pella, dove per la chiusura del mese di Maria verranno ai SS. Sacramenti tutte le donne, i fanciulli e i giovani. Per Pentecoste avremo le Quarantore in Basilica con la predicazione di un Cappuccino novarese28.
Tali attività, di carattere puramente religioso, si concretizzano in un breve ritiro mensile, svolto con la celebrazione dei sacramenti della confessione e della comunione e con una predicazione sui temi specifici degli esercizi spirituali. Questi incontri di mantenimento erano destinati al popolo e, come testimonia l’ultima lettera citata, spesso coinvolgevano, in momenti separati, l’intera popolazione maschile e femminile del paese o della parrocchia dove si svolgevano. Sappiamo che il padre Picco preferiva il ministero delle confessioni a quello della predicazione29.
b. La consolazione degli ammalati
L’attività svolta da padre Picco con gli operai e i contadini che frequentavano gli esercizi e i ritiri spirituali ebbe un’evoluzione con la tragedia della prima guerra mondiale. Nell’ottobre del 1915 egli fu trasferito al Collegio san Tommaso di Cuneo, trasformato dal Governo di guerra in un Ospedale militare30. Gli studenti ginnasiali di Cuneo furono allora trasferiti a Gozzano, luogo più sicuro e tranquillo dove poteva procedere l’attività scolastica, e si sospese l’Opera degli esercizi che lì si svolgeva. Trasferitosi a Cuneo, padre Picco divenne il cappellano dell’Ospedale militare e vi rimase fino alla fine della guerra. La seconda destinazione a Gozzano gli sarà data infatti solo il 5 settembre 1919 e sarà quella definitiva.
L’attività pastorale tra i soldati dell’Ospedale militare di Cuneo è ben documentata nelle sue lettere. Con i feriti della guerra padre Picco sviluppa ulteriormente la sua sensibilità verso i sofferenti e i malati, un aspetto che in seguito caratterizzerà stabilmente il suo ministero sacerdotale31. In una lettera da Cuneo alla signora Ruga di Gozzano, il padre parla delle sue “rose” e delle sue “spine”, in termini ignaziani e non metaforici delle sue consolazioni e desolazioni spirituali, provenienti dall’assistenza religiosa dei soldati malati. Eccone alcuni passaggi:
Scrivo col lapis perché imprestai il calamaio d’inchiostro ai soldati […] Qui la mia vita scorre come a Gozzano “fra rose e spine”, cioè quando vanno bene le cose, ad esempio di S. Rocco subito dopo viene una batosta; quando vanno male, succede invece una consolazione. Oggi avemmo ben 100 comunioni di soldati, ma tra le consolazioni subito una spina, qualche sergente che si lamenta di troppo bigottismo. Le signore qui fanno del gran bene, una di queste mi recitò come lei le preghiere per i soldati. Tra le grazie spirituali ebbi una bella conversione al Cattolicesimo. Stamane un altro mi disse pubblicamente: “Padre, sono 13 anni che non mi confesso, ora voglio confessarmi in pubblico”. Un giorno che pioveva ebbi l’ispirazione di andare a vedere i malati ed uno che da vari anni non si confessava accettò subito32.
La consolazione spirituale dei fedeli attraverso l’amministrazione del sacramento della confessione è uno dei ministeri specifici della Compagnia di Gesù e padre Picco l’ha esercitato abbondantemente per tutta la vita. A Cuneo fa esperienza delle consolazioni spirituali proprie del sacerdote e dell’apostolo; in un’altra lettera di quel periodo dice brevemente:
La mia vita corre tra malati e feriti assai consolante, in mezzo a qualche spina di qualcuno che non vuole sapere di Sacramenti33.
Ritorna la metafora delle rose e delle spine, già presente nella lettera precedente, metafora che fa riferimento all’esperienza delle consolazioni e delle desolazioni degli Esercizi spirituali, ma che sono avvertite qui durante il ministero sacerdotale, come risonanze interiori degli eventi vissuti34.
L’attenzione ai malati fu certo uno degli aspetti caratterizzanti il ministero di padre Picco. Egli stesso in una lettera da Crissolo dice: "Qui sono conosciuto per il Padre che va a visitare i malati”35. Questa attenzione alla «consolazione spirituale dei sofferenti» fu presente in lui fin da giovane. Dobbiamo infatti ricordare che a Chieri, nell’anno in cui concludeva gli studi teologici e che avrebbe dovuto essere l’anno della sua Ordinazione sacerdotale, egli trascorse molto tempo nell’assistenza e nell’accompagnamento alla morte dell’a lui caro padre Fumagalli, colpito da una dolorosa e disgustosa malattia cancrenosa che dagli arti inferiori si era diffusa in tutto il corpo; inoltre alcuni anni dopo, da giovane sacerdote, assistette la sorella Anna nella sua agonia, fino alla morte36.
Nelle lettere parla spesso dei suoi ministeri sacerdotali con i malati, ministeri che ha vissuto a fondo a Cuneo con i soldati feriti al fronte, ma che continuerà a svolgere anche negli anni successivi, non in ospedale ma con l’assistenza spirituale a domicilio. Scrive da Crissolo nel 1929:
Domenica incontro un uomo, a cui mi accompagno per un tratto di strada e vengo a conoscere che sua sorella ebbe una paralisi. Gli domando se hanno chiamato il Prevosto e mi sento rispondere che volevano mandare a chiamare il Padre. Si vede però che procrastinavano, sono già passati due giorni … Andai senza essere chiamato e con licenza del R. Prevosto portai la Comunione. La rividi il giorno dopo, mercoledì, e la trovai migliorata, ma senza miracolo non guarirà37.
Da questa lettera si vede chiaramente che era lui stesso ad interessarsi della salute spirituale dei malati e ad attivarsi pastoralmente nei loro confronti. Qui si mosse senza essere esplicitamente chiamato e sulla sola conoscenza delle buone disposizioni nei suoi confronti della persona malata e della sua famiglia. In altri passi racconta particolari e dettagli di queste sue visite domiciliari di consolazione, ad esempio delle fatiche e difficoltà incontrate:
Stamane, celebrata la S. Messa delle ore 5, me ne partii con un giovane della Colonia portando meco il SS.mo Sacramento; dalle ore 6 alle ore 8 cammino, comunicando lungo la strada una solita malata (suppongano come ad Anzate), un’altra come a Bugnate, un terzo a Soriso e l’ultima come a Soliva. Alle ore 8 precise, terminate le Comunioni, feci colazione nella stessa camera della malata, esposta a tutti i venti, col pericolo di prendermi una polmonite, se non fosse per la reazione del ritorno discendendo da 2.000 a 1.000 metri. Invitando poi qualche familiare della malata a venire ai SS. Sacramenti per l’Assunta, mi risposero pieni di contentezza che andavano al Santuario di Valmala dove la Madonna apparve nel 1840 chiedendo di pregare per i peccatori come a Lourdes; allora io aggiunsi che la Madonna vuole veramente la Misericordia, ma vuole che cooperiamo con le nostre preghiere e buone opere ad ottenere38.
L’attività di padre Picco con i malati non era accompagnata da lunghe conversazioni spirituali, né con loro né con i loro familiari. Se in due ore portò a piedi quattro comunioni, vuol dire che non si fermava molto tempo nelle case, giusto il necessario per qualche parola di saluto, qualche preghiera, qualche raccomandazione e la comunicazione del sacramento. Questa sua sobrietà nelle relazioni si fondava certamente sulla fede nella grazia dei sacramenti, che agiscono indipendentemente dalla persona che li amministra39. In altri passi ci sono ulteriori dettagli sulla sua attività con i malati, anche con quelli terminali:
Ecco una delle morti preziose innanzi al Signore. La malata di nome Giovanna Agù era stata grave quest’inverno, con sbocchi di sangue. Era stata sacramentata allora e poi per vari mesi stava soffrendo senza conforto spirituale. Appena vide i Padri passare li interrogò se vi era padre Picco. Fu la prima che comunicai con un’altra in campagna e poi ripetei la S. Comunione il 5 Agosto, 1° Venerdì e ieri, giovedì, vedendo che stava più male, gli proposi nuovamente la S. Comunione. Parlai pure dell’Olio Santo, ma stante la stessa malattia non insistei, ma le rinnovai l’Assoluzione sacramentale. Stamane dopo la Messa [delle 5], un giovanotto mi disse di recarmi presto dalla moribonda. Difatti essa mi aveva mandato a chiamare. Non portai la S. Comunione perché temevo non potesse più inghiottire. Dissi alcune parole di conforto, con l’indulgenza plenaria. Le suggerii di sentire con il pensiero le Messe che si celebravano al Santuario per le 7,30 e che sarei ritornato verso le 9. Difatti [allora] appena giunto la vedo agonizzante, in sugli estremi. Ebbi tempo a rinnovare l’Assoluzione, tutte le Litanie dei Santi, le Profezie. “In manus tuas commendo spiritum meum. Gesù, Maria, Giuseppe”. Spirava. Il Signore ha voluto consolarla col farla vivere fino alle 9, mentre col mal di cuore poteva spirare stanotte senza conforto spirituale40.
Nella consolazione spirituale dei fedeli, in particolare come si è visto in quella dei malati gravi, padre Picco sperimentava le sue più grandi consolazioni sacerdotali. Nelle lettere più volte parla della sua gioia nell’aiutare e consolare spiritualmente gli ammalati, siano essi soldati o povere donne di campagna; in quei momenti l’animo squisitamente sacerdotale di padre Picco emergeva e si faceva sentire in tutta la sua profondità e nel suo mistero. D’altra parte possiamo rilevare dalle sue stesse righe come anche i malati guardassero a lui, lo preferissero ad altri sacerdoti e lo chiamassero presso di loro. Non ci è dato di sapere che cosa esattamente i malati vedessero in padre Picco; possiamo presumere che essi cogliessero in lui un uomo esperto in sofferenza, un sofferente come loro, che viveva però bene la sua sofferenza, con fede cristiana e serenità gioiosa. Padre Picco fu certamente un uomo sofferente e un grande esperto di sofferenza: ebbe sofferenze fisiche, le diverse malattie cui fu soggetto, sofferenze spirituali, come gli scrupoli al tempo dell’ordinazione e le varie incomprensioni dei confratelli, e sofferenze indotte da lui stesso, come le penitenze per ottenere grazie da Dio. Forse proprio questa sua familiarità con la sofferenza, vissuta con serenità e in prospettiva espiativa, rappresentava il suo fascino più profondo. Era il fascino dell’autenticità, della luce che rispende nelle tenebre. Forse era proprio quella sua interiore luminosità ad attirare gli ammalati: il mistero delle sua gioia nella sofferenza e nella penitenza.
c. La cura delle persone
Un’altra attività che si rileva dalla sua corrispondenza è l’attenzione di padre Picco per il progresso spirituale delle singole persone. Non abbiamo in lui delle lettere dottrinali, in cui vengano esposti sistematicamente vari concetti di teologia spirituale, come nelle lettere dei santi dottori. Qui, nell’epistolario di padre Picco è documentata solo la sua attenzione al cammino spirituale dei singoli, ai quali egli dava consigli spirituali, ad esempio sulla preghiera, sugli atteggiamenti da avere coi familiari, sulla frequenza ai sacramenti, ed altro. Come si è detto padre Picco svolgeva assiduamente il ministero della confessione ed era ricercato per quello soprattutto dagli uomini. In alcune sue lettere traspare la sua sensibilità e la sua delicatezza riguardo al progresso spirituale delle anime. Vediamo qualche suo passaggio. Una delle lettere più antiche fa riferimento agli esercizi e ai loro frutti, a quel “profitto spirituale” che padre Picco auspicava nei suoi esercitanti:
Viva Gesù. Dal Cenacolo di S. Giorgio di Zoverallo dove sono per un Triduo di Esercizi agli uomini dei dintorni, scrivo questa [lettera] per ricordare a Papà il freddo sofferto a Gozzano l’anno scorso e ricordargli pure i buoni propositi degli Esercizi, tra cui quello della Comunione frequente o almeno mensile. Se il fratello fosse a casa bisognerebbe suggerirgli di invitare qualche suo compagno agli esercizi dal 16 Dicembre, sabato sera alle ore 20, fino al 20 mattino [alle] ore 6. Si comincerebbe così bene la Novena di Natale, con l’altro regalo di S. Francesco Saverio di cui si esporrà la reliquia insigne del braccio miracoloso, il quale, per concessione del Papa, si esporrà quest’anno a Gozzano i giorni 19 e 20 dicembre. So bene le difficoltà che oppongono del lavoro e della spesa; ma tutto questo sarà compensato abbondantemente dal profitto spirituale, come lo sa per esperienza chi l’ha provato. Intanto mando i saluti a Rosa dalle Madri Piano e Boni che sempre pregano per Lei e sorella41.
Insieme agli esercizi, qui padre Picco fa ricordare alla persona del papà i “propositi” che in essi erano maturati e la necessità di mantenerli e realizzarli. Il richiamo è alla Santa Comunione “frequente o almeno mensile” e implicitamente al rinnovo dello stato di grazia che essa sempre richiede. In questa lettera è contenuto anche l’invito da fare al fratello del destinatario di venire agli esercizi di Natale e di portarvi gli amici. Si vede bene come padre Picco fosse attivo anche nel proporre gli esercizi di sant’Ignazio e non si limitasse solo alla loro conduzione. Altre lettere fanno riferimento oltre agli esercizi spirituali anche alla devozione al Sacro Cuore di Gesù e alle pratiche religiose ad essa connesse. Ecco un passaggio dove il Padre invita alla comunione riparatrice del primo venerdì del mese:
Viva il S. Cuore di Gesù. Dopo la festa del SS. Corpo di N. S. Gesù Cristo mi sento l’ispirazione di scrivere a Renata dicendole quanto vorrei dirle a voce. In questo libro, che prego di leggere, vedrà quanto Gesù ci amò fin dall’eternità e quanto ci ami dal SS. Tabernacolo e quanto desideri Egli di renderci perfettamente felici. Spero che avrà continuato le Comunioni al 1° Venerdì di ogni mese tanto inculcate da Gesù. Ora per la Festa del SS. Cuore veda di essere tanto generosa da andare in Basilica alle ore 5 ovvero al Chiesin alle 6,5 ovvero al Gentile [alle] ore 7 per la S. Comunione Riparatrice. Questo atto di generosità le attirerà le benedizioni del SS. Cuore che non si lascia vincere in generosità. S. Antonio da Padova le suggerirà quanto vorrei scriverle intorno all’amore di N. S. G. C. Al rivederla ogni giorno in spirito al Santo altare42.
Alla cura della preghiera personale, in particolare al culto del Sacro Cuore, padre Picco accompagnava sempre il culto dei santi, che egli invocava e insegnava ad invocare. Ecco una lettera scritta a una suora del Cenacolo, per ricambiare gli auguri per il suo sessantesimo anno di vita religiosa, in cui è presente la sua fede negli esercizi, nel Sacro Cuore, nella preghiera, nella venerazione dei santi e nella penitenza impetratrice di grazie:
Viva Gesù, Maria, Giuseppe. Non mi ricordo se abbia già risposto alla vostra lettera con data 4-10-45 nella quale mi facevate le scuse per lo scritto brevissimo portato da Rino. Vi ringrazio ora nuovamente di avermi dato tutte le notizie che desideravo. Perciò abbiate tutta la perdonanza e tutti i favori da Gesù Benedetto e da Maria SS. con i Santi del Cielo. Se capita ancora Rino, lo mandi pure da me dicendogli che faccia chiamare dal Portinaio il P. Picco Giuseppe, che ha bisogno di parlargli e la mia parola sarà appunto la stessa della vostra, cioè che pensi un poco seriamente a salvarsi l’anima perché purtroppo egli mena una vita poco santa e temo finisca male. Se potessi fargli accettare tre giorni di Esercizi con i suoi compagni sarebbe un vero paradiso per quell’anima randagia. Ringrazio di cuore per gli auguri fattimi nel mio 60° di vita religiosa, dove purtroppo non sempre imitai i grandi santi della Compagnia di Gesù. Accludo un’immagine di tutti i nostri Santi, sperando molto nelle vostre preghiere, le quali serviranno pure per tutti i sacerdoti della Diocesi e dell’Italia nostra. Purtroppo qualcuno ha già apostatato e da’ scandali. Preghiamo. Preghiamo. Mi rallegro del ritiro vostro e più mi rallegro e godo della vostra umiltà. Nella vita di S. Veronica Giuliani, Gesù inculcava sempre alla Santa maggiore umiltà e maggiore spirito di penitenza per convertire le anime. Dunque imiteremo quei tre veggenti di Fatima che facevano tante penitenze per salvare i peccatori. Andando al cimitero a pregare sulla tomba delle RR. Madri, raccomandatemi alla M. Ivaldi, M. Boni e M. Piano, di cui conservo tanta buona memoria. Data occasione mi riverisca la Madre Superiora, la M. Sciaccaluga e le altri Madri che incontra alla porteria, mi raccomandi alle loro preghiere. In Settembre ho visto a Torino M. Pillet, la quale ha sofferto molto per i bombardamenti. Se vede la Paola Vianoli Le dica da parte mia che non perda mai la fiducia nel SS. Cuore di Gesù e accetti la Croce per la salvezza del figliolo. Così pure da parte mia dica a Letizia di Cambiasca che sappia confidare di più nella protezione di Maria SS. e che vada sempre alla SS. Comunione; dica che prego per Lei onde sia più generosa col Signore. E terminando questo scritto spero di ritornare a S. Natale a rivedere la Madre Superiora ristabilita in salute. In unione di preghiere43.
In questo lungo testo del 28 ottobre 1945, che viene qui riportato per intero per dar modo di cogliere le sue sfumature affettive oltre ai consigli pratici sul comportamento, emerge la stima di padre Picco, ormai anziano, per i santi e il suo duraturo desiderio di imitarli e seguirli. Nella lettera il tema è certamente favorito dalla prossimità della festa liturgica di Tutti i Santi, tuttavia rivela una particolare attenzione per la santità, presentata qui anche come esempio da seguire. In questa lettera si può cogliere anche il tipo di santità che egli sentiva maggiormente vicina a sé, la santità dedita alla preghiera, alla penitenza e all’intercessione per i peccatori. Aspetti che ricorrono nella vita di padre Picco e che costituiscono degli elementi importanti nella sua vita interiore. Nella lettera emerge anche la vicinanza alle suore del Cenacolo, le quali insieme alle Ausiliatrici del purgatorio sono spesso ricordate nella sua corrispondenza.
La vita interiore
Dalle lettere di padre Picco in nostro possesso non emergono grandi considerazioni teologiche sulla vita interiore e su itinerari possibili verso la santità Possono essere colti solo dei cenni sparsi e frammentati su alcuni aspetti della vita cristiana, che derivano dal suo mondo interiore e che esprimono le sue preferenze devozionali nel rapporto con Dio. Possiamo indicarne qualcuno, senza la pretesa di esaurirli, ma solo per individuare gli elementi che costituivano il centro propulsore della sua attività sacerdotale e i mezzi da lui privilegiati per raggiungere il bene e la virtù.
a. La preghiera, il raccoglimento e il contatto con la natura
Uno degli aspetti costitutivi della personalità di padre Picco è la sua esigenza di preghiera e di contatto personale con Dio. Questo bisogno è documentato anche dalla sua fedeltà agli esercizi spirituali annuali e alla celebrazione quotidiana della liturgia. Come si può vedere anche nei brani citati in precedenza, poiché più volte nelle sue lettere private emerge la raccomandazione della preghiera e della Santa Comunione. Ciò dimostra che padre Picco attribuiva grande importanza alla celebrazione eucaristica e vedeva nella Comunione un mezzo privilegiato della grazia. In una lettera della maturità esprime la sua stima per gli esercizi e per la preghiera profonda:
Viva Gesù, Maria, Giuseppe! Ho ricevuto ieri la vostra lettera ricolma di preziosi documenti per la vita spirituale. Mi rallegro che abbiate potuto fare i SS. Spirituali Esercizi da sola, come li fece S. Ignazio nella grotta di Manresa e come tanti monaci nel deserto. Domani 20 celebreremo la festa di San Bernardo, il quale, nonostante le grandi occupazioni sacerdotali, trovava tempo e modo di ritirarsi nella solitudine per pregare anche di notte. Il desiderio dell’umiltà piace tanto a N. Signore e ottiene abbondanza di doni celesti come la Madonna che fu ripiena di grazie perché “respexit humilitatem ancillae suae”. Iddio fece grandi meraviglie in Lei perché essa chiamavasi ancella e nulla. Dunque coraggio a sostenere le prove nelle contrarietà della vita e nelle angustie familiari. Il Signore che ha cominciato l’opera la terminerà. Se la Superiora del Cenacolo è in montagna a Craveggio, io andrò a piè del Monviso ad un Santuario che si chiama di S. Chiaffredo dal 3 Sett. al 24. Là mi ricorderò di Lei e di tutti i suoi parenti come di Rino, al quale farò l’invito a venire a fare i SS. Esercizi in Seminario a Gozzano. Ora non è possibile perché immerso ne’ balli. Per le Tempora di Natale spero di poter venire al Cenacolo e di fare di presenza gli auguri di sempre maggiore umiltà e confidenza nella protezione di Maria SS.ma, tenendole buona compagnia sul Calvario in tutto il mese di Settembre44.
Anche qui emergono elementi spesso ricorrenti nella sua corrispondenza: la preghiera, gli esercizi, la devozione a Maria, l’umiltà e la confidenza in Dio. Tutti questi aspetti rivelano una spiccata capacità contemplativa nel Padre, capacità che troviamo presente anche nella sua ammirata ed amorosa contemplazione della natura. Più volte nelle sue lettere compaiono accenni ai paesaggi alpini e alle loro virtù salutari. Ecco un brano del 1926 da Crissolo:
Quale incanto al mattino vedere quella punta di 3841 metri rischiarata dai raggi del sole. Se avessi venti anni di meno non mi terrei dal farvi la salita a costo di qualunque sacrificio. Ma i sessanta anni domandano riverenza e perciò dalla mia camera che guarda il Viso, ben soleggiata a mezzogiorno, mi contento di dire che ogni mio reumatismo è scomparso totalmente. Di notte [ho] un sonno pieno dalle ore 21 (9 del pom.) alle 4, di modo che mi sento ringiovanire di giorno in giorno, tranne per la Messa cantata alle ore 8 per la mia voce tremula e stonata. Raccolgo dell’assenzio e non mi par l’ora di ritornare a San Carlo e farne un presente, con le radici d’assenzio45.
Questa attenzione alla natura e in particolare alla montagna, che a Crissolo lo stupiva e lo meravigliava sempre, è stata certamente favorita e promossa in padre Picco anche dalla pratica degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, dove si invita l’esercitante a contemplare la presenza e l’opera di Dio in ogni cosa, per poter crescere continuamente nell’amore. Inoltre, nel brano citato si può vedere anche la sua attenzione alle erbe e alle loro virtù salutari, erbe che egli contemplava e raccoglieva, per farne dono agli ammalati e alle persone che seguiva. Era una forma di carità che come dimostra questo passo si esprimeva spesso come un dono alla persona.
b. La devozione eucaristica, il Sacro Cuore e la spiritualità della vittima
Nella corrispondenza di padre Picco compaiono spesso accenni ad alcune pratiche di pietà e come si è detto una grande considerazione dell’Eucaristia, sia celebrata nella S. Messa sia adorata nella preghiera silenziosa. Abbiamo visto anche l’importanza che egli attribuiva alla consolazione dei malati con la Santa Comunione e come li invitava a partecipare anche da distante alla celebrazione liturgica. Alcuni passi documentano la sua sensibilità per l’adorazione eucaristica, soprattutto dei sacerdoti:
Una consolazione per me è trovare qui [a Crissolo] due bravi sacerdoti, uno di Cavour e l’altro di Sanfré, che celebrano bene la Santa Messa; mi raccontano che a Torino vi è don Boccardo, il quale miracolato a Lourdes cammina per la via della santità. Così [mi parlano] di un altro che se ne sta continuamente pregando in ginocchio davanti al SS. Sacramento. La mano del Signore non si è abbreviata. Vi sono anime eucaristiche nascoste che rifulgeranno un tempo come don Bosco e il Beato Cottolengo. Il dialetto piemontese mi è ora così familiare che trovo difficoltà a parlare in italiano. Cìò nonostante un presentimento mi dice che dovrò tornare all’umidità di Gozzano, a rallegrarmi di quei poveri paralitici in letto che aspettano Gesù Sacramentato e altri malati che aspettano una consolazione spirituale46.
Il culto dell’eucaristia si è unito storicamente con la devozione al Sacro Cuore di Gesù, particolarmente favorita e promossa dai gesuiti. Diverse volte nella sua corrispondenza padre Picco raccomanda l’Offerta al Sacro Cuore, la pratica dei primi venerdì del mese e la comunione riparatrice. Il culto del Sacro Cuore intesseva in profondità tutta la spiritualità popolare del tempo; la stessa Opera dei ritiri, cui padre Picco collaborava, era collegata alla pratica dei primi venerdì del mese. Vediamo qualche passaggio emblematico delle sue lettere in cui egli raccomanda il culto al Sacro Cuore:
Nell’altra lettera non chiesi notizie della sua salute perché speravo di averle di presenza. Ora mi faccio ardito a chiederne e, qualora soffrisse ancora, creda di essere sempre tutta di Gesù. Continui dopo la S. Comunione l’offerta totale di tutta se stessa al SS.mo Cuore imitando S. Margherita M. Alacoque […] Con stima ed unione ai SS.mi Cuori di Gesù e Maria47.
Se potesse fare una visitina avrei bisogno di parlarle per un affare importante. Così mi darà notizie de’ fratelli. S. Margherita Alacoque ottenga loro tante grazie dal SS. Cuore di Gesù, come la prega il sottoscritto che si troverà a Zoverallo giovedì corrente48.
Abbiamo avuto due sacerdoti novelli in Gozzano e pare abbiano buona volontà di consolare il Cuore di Gesù colla preghiera e colla sofferenza. Sulla specola del nostro Seminario abbiamo dei soldati, che di notte stanno alle vedetta contro gli aeroplani stranieri. Il Sacro Cuore di Gesù protegga la Francia con l’Italia e converta gli eretici per formare un solo ovile sotto il Vicario suo. La Madonna della Neve e l’Assunta consoli Ida, Letizia e Paola 49.
Dica pure alla Vianole e a Letizia di mettere tutta la confidenza nel SS. mo Cuore di Gesù, Sorgente di ogni consolazione. Qui a Torino abbiamo quasi sempre nebbia propria della stagione autunnale. In Gozzano abbiamo nel Seminario 400 soldati di fanteria che si preparano per andare in guerra. Faccia il Divin Redentore che, come la Spagna e il Portogallo, l’Italia rientri nei disegni amorosi di Gesù e sospenda ogni ostilità, per dare pane ai suoi figli!50
La devozione al Sacro Cuore si concretizzava tradizionalmente nell’Offerta quotidiana della propria vita, nella pratica dei Nove primi venerdì del mese e nella Comunione riparatrice. Padre Picco sviluppò in se stesso la spiritualità della riparazione in quella dell’espiazione. Nelle lettere si trovano spesso accenni alla «spiritualità della vittima» offertasi in riparazione dei peccati propri e degli altri. Sappiamo che il giovane padre Picco, durante il mese d’esercizi del Terz’anno di probazione, fece l’offerta di vittima di espiazione per i sacerdoti infedeli51. Questa offerta di espiazione e di intercessione l’accompagnò per tutta la vita e divenne un pilastro fondamentale della sua vita interiore. Ecco alcuni passi dove egli parla di questa spiritualità:
Viva Gesù! Mi scuserà se in ritardo feci spedire il libro “Miles” da altri perché io mi trovavo assente per ministeri a Montiglio presso Casale, dove trovai un’altra anima che si era offerta “vittima” per la Santificazione del Clero […] Da Cuneo ho ricevuto un Manuale per le Piccole Vittime. Forse lo invieranno anche a lei. Se non l’avesse ancora visto glielo farò vedere alla prima occasione. Però tutto quello che si trova in quel libro già si pratica da lei in quella preghiera dopo la S. Comunione52.
Delle vere vittime Pio X scrisse: “Abbiamo dato ben volentieri il nostro nome alla pia associazione delle Anime vittime del Cuor di Gesù ed imploriamo le preghiere di tutti i fedeli” […] Prendiamo il vero spirito di “vittime” di umiliarci con Gesù annichilito, soffrire con Gesù sofferente, agonizzare con Gesù agonizzante coll’aiuto di Maria SS.ma, prima riparatrice sul Calvario. Arrivederci ogni mattina nei Cuori SS.mi di Gesù e Maria53.
La vostra influenza e [gli] altri malanni vi avranno aiutato a soffrire per Nostro Signore sempre in spirito di riparazione al Sacro Cuore. Certo se si potesse cambiare un poco l’aria fino ad Oropa […] sarebbe cosa ottima; ma nella impossibilità facciamo tesoro de’ Patimenti che sono regali di Gesù. Intanto dica a Maria che sempre vada alla S. Comunione con fiducia grande, sapendo che Gesù la chiama tutta a sé. Dispezzi il Demonio col prendere l’acqua Santa e recitare alla sera il SS. Rosario tutti insieme con Papà. Forse non potrò più andare a Bogogno perché il mio cuore ormai è malato grave e debbo avere molti riguardi. Mi rallegro delle buone notizie di Angelo e speriamo possa ritornare il Italia. Io continuerò a pregare affinché il Signore vi conceda colla salute temporale anche i beni infiniti dell’anima. Tanti rispettosi ossequi a Papà e Mamma colla benedizione del SS. Cuore di Gesù e di Maria Immacolata 54.
La spiritualità dell’offerta come vittima di espiazione, che è di origine biblica, si è unita assai bene in lui con la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che includeva l’offerta quotidiana e l’atto di riparazione; integrate, queste correnti di spiritualità hanno costituito una componente fondamentale della spiritualità di padre Picco55. Come si è visto, la sua esistenza è stata segnata dalla sofferenza fisica e dalla sofferenza psicologica, ma anche dalla serenità e dalla gioia del cuore; proprio l’intreccio tra «espiazione» e «riparazione» costituisce la chiave di lettura che permette l’interpretazione più profonda e quindi la maggiore comprensione della sua vita e delle sue pratiche.
c. Il rosario, l’attenzione alle consolazioni e desolazioni, la sequela dello Spirito Santo
Un altro aspetto fondamentale della spiritualità quotidiana di padre Picco fu la preghiera con il rosario, preghiera che egli apprese da fanciullo in famiglia, quando alla sera tutti si riunivano insieme per la preghiera mariana. Il rosario l’ha accompagnato lungo tutta la vita ed è stato per lui una fonte di grazia. Ricordando la sua esperienza personale egli lo suggeriva e lo raccomandava anche agli altri. Nei suoi scritti compare spesso l’invito a pregare con il rosario, ad esempio nella lettera del 20 giugno 1946 già citata: “Disprezzi il Demonio col prendere l’acqua santa e recitare alla sera il SS. Rosario, tutti insieme con papà”56. L’ultimo scritto di padre Picco a noi disponibile è una cartolina, scritta da Gozzano il 25 agosto 1946, pochi giorni prima di morire. La cartolina è indirizzata alla signorina Rosa Julita e porta nella parte dell’indirizzo, accanto al cognome, la precisazione “sarta”; sotto c’è la destinazione “Borgoticino per Agrate”. Il testo di questa cartolina è molto breve; consiste solo in un saluto essenziale e delicato, tutto sacerdotale, ma ha anche una nota conclusiva, scritta di traverso, che sembra quasi l’ultima raccomandazione di padre Picco prima di morire. E’ infatti il suo ultimo scritto autografo in nostro possesso; ecco il testo:
Se col fratello Angelo possono venire a Gozzano prendano un giorno di festa, da poter sentire messa a Borgomanero o a Gozzano alle ore 10 e mezza. Per non viaggiare col sole potrebbero pranzare in Gozzano e poi sul fresco della sera tornare a casa. La mia salute non mi permette di uscire e perciò sono sempre visibile in qualunque tempo. Cordiali saluti a tutti57.
Questo breve scritto risponde probabilmente ad un desiderio dei fratelli Angelo e Rosa Julita di vedere ancora una volta in vita padre Picco; egli manda loro alcune indicazioni pratiche per la visita. A lato della cartolina, in maniera verticale al testo, è riportata una nota, che contiene l’ultima raccomandazione di padre Picco, quasi l’ultimo saluto o il suo testamento spirituale. Le parole sono le seguenti: “Il Rosario a sera ottiene benedizioni”. Le ultime parole scritte da padre Picco sono per raccomandare la preghiera del rosario, alle persone care che desideravano ancora vederlo nella malattia, prima della morte. Questa nota rivela la grande considerazione che di questa preghiera aveva il padre e le sue ultime parole assumono il valore di un dono per le persone che egli aveva seguito più da vicino.
L’attenzione alla preghiera contemplativa del rosario ci porta veramente nel mondo interiore di padre Picco, là dove avvertiva consolazioni e desolazioni spirituali. In precedenza si è già rilevato l’uso della metafora delle “rose e spine”, tuttavia l’attenzione alle consolazioni e alle desolazioni è stata costante nella sua vita e nel suo ministero. Infatti, nelle lettere egli esprime spesso i sensi di gioia e di conforto avvertiti durante i ministeri e in quei momenti in cui appare più evidente la grazia di Dio. Ecco alcuni passaggi significativi delle lettere da Crissolo:
Mercoledì mattina confessai e lavorai di più perché i miei compagni andarono alla sepoltura di quell’uomo a cui avevo ripetuta la Comunione dopo il Viatico e avevo raccomandato l’anima, lunedì sera, festa della Natività. In quella mattina di mercoledì potei benedire una puerpera e regalare una Medaglia Miracolosa. Deo Gratias! Il mio cuore si trovava consolato quando incontrai in Chiesa un Rev. Sacerdote che pregava con molta divozione. Lo conobbi poi per un Sacerdote dei Signori della Missione o Lazzaristi, il quale aveva accompagnato i suoi chierici al Pian del Re. Mercoledì sera torno alla frazione e qual meraviglia per me quando scorgo una ventina di uomini attenti al catechismo e pieni di rispetto per la Chiesa. Deo gratias. Ritornai mercoledì sera contentissimo e benché il tempo [fosse] nuvoloso feci bene il ritorno che è simile a quello di Ameno Bolzano, dietro il monte Mesma. Ripensavo in questo ritorno alle loro preghiere, alle quali attribuivo il numeroso uditorio58.
Stamane molte e molte consolazioni di spirito e di corpo. Sole splendido, Viso limpido, con leggero vento che toglie tutti i miasmi dalla casa. Nessun dolore reumatico, guarito completamente, tranne la vista debole […] Dopo messa feci un’escursione in montagna e fui consolato nel trovare un uomo che mi ricordò la canzoncina: “O Gesù, mite ed umile di cuore …”. Altro vecchio malato, che mi aspettava con ansietà. Altre donne che mi raccontano la morte beata di altre persone e finalmente, ultima consolazione, trovo la cicoria selvatica per istrada, cosa mai avvenuta negli anni passati59.
Le consolazioni dell’apostolato sono accompagnate anche da desolazioni, cioè tristezze e amarezze di fronte alla poca religiosità o alla mancanza di rispetto verso Dio e la Chiesa. Padre Picco ha avvertito in modo acuto questo tipo di amarezze e le sue lettere spesso le fanno trasparire. Oltre ai brani già citati del ministero a Cuneo tra i soldati, dove raccoglieva “rose e spine”, altri passaggi rivelano la sua sofferenza sacerdotale di fronte alla mancanza di sensibilità religiosa che incontrava intorno a lui. Vediamone alcuni:
Ore 5,5, celebro la Messa ad intenzione di un donna del popolo, ma senza [che ella facesse la] Comunione. Che gelo di pietà!60
Ritorno adesso da una passeggiata igienica passando da una donna col mal di cuore che passò la notte molto male. E mentre le persone soffrono e N. S. G. C. è abbandonato nelle Chiese, i mondani o i bontemponi, come il ricco epulone, si danno ai divertimenti terreni dimenticando il Creatore. Mentre al Santuario vi erano Messe successive dalle 5,5 alle 8 e in parrocchia alle ore 10, gli alpini con le fanfare se ne andavano alle esercitazioni senza Messa. La società vuole fare senza Dio. Si verifica quello che disse il Sacro Cuore di Gesù a M. Ruffoli, che mentre si troverà quello scritto continueranno le persecuzioni ed i peccati pubblici in quasi tutto il mondo. Rifugiamoci in Gesù Misericordioso e seguitiamo a pregare per tutti61.
Qui le desolazioni sono tutte derivanti dall’apostolato, cioè dal vedere la lontananza delle persone ai sacramenti e la loro chiusura verso la presenza della Chiesa. Altri brani di quegli anni riportano sofferenze analoghe, che ferivano in profondità l’animo sacerdotale di padre Picco. Ecco un altro brano.
Qui il tempo è buono, stamane serenissimo e stasera qualche nuvolone […] Ho benedetto tutte le maire o casupole di montagna per le pecore e gli animali, ponendo in ogni casolare qualche foglietto della Semente o [qualche] Medaglina o abitino; purtroppo il morale degli uomini è molto basso. Appena mi vedevano si nascondevano oppure [mi] guardavano con diffidenza. Non hanno per il sacerdote la stima e la riverenza di un uomo di Dio, ma [lo vedono] come un carabiniere o un agente del fisco, che viene per spillare soldi o portare maledizioni. Gli uomini maturi conversano con i giovani con maniere poco edificanti62.
Questi passaggi manifestano l’attenzione di padre Picco per le consolazioni e le desolazioni e confermano che la sua sensibilità interiore è stata formata dalla pratica degli esercizi spirituali di sant’Ignazio e poi è stata ben integrata con il suo apostolato sacerdotale.
Tale documentata attenzione alle sue risonanze interiori dimostra che padre Picco era attento anche alla presenza e all’opera dello Spirito Santo, nella sua vita e in quella degli altri. L’attenzione allo Spirito Santo non è occasionale ma percorre anch’essa tutta la vita, come una attenzione ai tocchi e alle mozioni dello Spirito di Dio. Anche questa dimensione si è sviluppata certamente con la pratica degli esercizi spirituali, perché in essi si parla spesso ed esplicitamente delle “mozioni” spirituali. Vediamo qualche passaggio significativo:
Rispondo stamane dopo [aver] celebrato la S. Messa della SS. Annunziata (trasferita dal 25 Marzo) pregando l’Arcangelo Raffaele di rassicurarla che per ragione di salute e per aiutare la famiglia conviene che faccia tanto bene a Zoverallo, lasciando le altre proposte, che sarebbero buone qualora vi fosse la salute robusta e qualora non avesse altri impegni per la famiglia. Questo è il consiglio che mi pare da seguirsi, però se lo Spirito Santo mandato da N. S. Gesù Cristo le suggerisse diversamente, faccia pure quanto le dirà; perché a Dio niente è impossibile63.
Avvicinandosi la Novena di Pentecoste, mi faccio vivo per chiedere preghiere speciali alle RR. Suore Ausiliatrici [del purgatorio], onde ottenere abbondanza di doni dello Spirito Santo prima sopra di me e poi sopra la parte apostolica della Chiesa, cioè sopra il Clero. Mi rallegro dei loro ritiri a uomini e a donne con la frequenza straordinaria da riempire vestibolo e sagrestia. Deo gratias64.
Viva Gesù, Maria, Giuseppe. Ho ricevuto ieri lo scritto del 28.10.45. Non mi sono meravigliato per nulla dell’assenza loro nella seconda festa di Bogogno, perché intendo tutta la portata del male di Maria. Abbia pazienza ancora e faccia tante Comunioni spirituali. Tuttavia la prego di fare ogni giorno il decotto di plantaggia e raccoglierne molto per quest’inverno. Io verrò a Bogogno il venerdì e il sabato, quando P. Boeri predicherà per i morti. Al sabato partirò verso le ore 18 per trovarmi a Borgomanero verso le ore 20. La Vergine Immacolata darà la grazia per intercessione del P. Rocca, ma occorre ancora obbedire alla voce dello Spirito, che dice di soffrire molto per la conversione di quell’anima. Maria si nutra molto, con pane, polenta e fagioli e riposi almeno 8 ore di sonno. Benedico e prego65.
Questi ultimi brani, mentre manifestano l’attenzione di padre Picco al ruolo dello Spirito Santo nella vita della Chiesa, rivelano altri particolari della sua personalità. Ad esempio, come andasse con il padre Boeri non per predicare ma per ascoltare le confessioni, un ministero a lui più congeniale, perché più ravvicinato e personale; inoltre, come sia presente anche qui la sua attenzione al bene integrale della persona, con il consiglio dato per la salute di Maria di avere una buona alimentazione e un sufficiente riposo; infine, l’attenzione alle erbe salutari e al loro “decotto”, erbe consigliate e a volte donate ai malati che visitava. Sono piccoli dettagli, che mentre rivelano la sua costante attenzione alla presenza operosa dello Spirito Santo dimostrano nello stesso tempo anche la sua preoccupazione per bene integrale della persona.
Considerazioni finali
Dalle lettere attualmente disponibili e considerate, non le uniche forse esistenti, emergono le caratteristiche profonde della personalità sacerdotale di padre Giuseppe Picco. In effetti, il genere epistolare appartiene alla letteratura privata, riservata e delicata, perché documenta relazioni personali e contiene sfumature sia della personalità del mittente sia a volte di quella del destinatario. Inoltre, le lettere evocano sempre le situazioni storiche in cui i protagonisti si trovavano a vivere.
Il carteggio di padre Picco si colloca quasi tutto nella prima parte del Novecento, quindi prima, durante e dopo le due grandi guerre mondiali. Nelle sue lettere sono presenti perciò cenni agli avvenimenti e alle sofferenze della gente del suo tempo: soldati, contadini, malati, giovani, donne, sacerdoti, ecc. Padre Picco è passato tra le due grandi guerre mondiali ed è morto in un clima ancora di conflitti civili. Questo contesto storico non può non averlo segnato.
Dalle sue lettere si può cogliere un’interiorità maturata su «due linee» comportamentali fondamentali. La prima è costituita dalla sua «intima unione con Dio», unione vissuta soprattutto con le modalità degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, da lui praticati ogni anno e proposti agli altri come cammino di santità e perfezione, poi con la pratica del rosario, della celebrazione eucaristica quotidiana, della devozione al Sacro Cuore, ecc. Si è visto che alcuni cenni agli esercizi spirituali e ad altre forme di unione con Dio si troviamo già nelle prime lettere esaminate e ricorrono lungo tutto il suo epistolario. La seconda linea è quella del suo «contatto diretto con la gente», gente nella quale lui contemplava una fede realmente vissuta e alla quale donava con carità sacerdotale i sacramenti, in particolare la confessione e la comunione. Il contatto diretto e sacramentale con le persone era certamente il luogo dove padre Picco esprimeva al meglio la sua carità e la sua attenzione verso i bisogni individuali. Un indicatore di questa preoccupazione per il bene delle persone è stata anche la sua passione per le erbe salutari. Si è vista e documentata la sua soddisfazione quando ne trovava di rare e terapeutiche durante i suoi viaggi a piedi in montagna e in campagna. Questa passione per le erbe si inserisce nella lunga tradizione del monachesimo e anche della Compagnia di Gesù e rivela un’attenzione al bene integrale della persona; rappresenta uno dei modi in cui si esprimeva la sua carità, che era così sia sacerdotale sia terapeutica.
Le due linee qui rilevate, l’intima unione con Dio e il contatto diretto con la gente, non sono solo aspetti specifici del suo comportamento, esse costituiscono anche «due porte» per l’accesso al suo mondo interiore. Nelle lettere considerate molte volte sono emerse piccole note e brevi confidenze personali sulle consolazioni e sulle desolazioni che egli avvertiva negli avvenimenti della sua vita. Si tratta di risonanze e di mozioni che non provenivano direttamente dalla contemplazione della Parola di Dio in modo infuso. Esse derivavano dalla sua riflessione sulle vicende della vita apostolica e sulle situazioni vissute dalla gente che frequentava e di cui si prendeva cura. Sono risonanze che costituiscono la vita spirituale dell’apostolo e del sacerdote, il quale nella sua coscienza avverte e valuta le dimensioni profonde del suo apostolato.
La spiritualità di padre Picco è stata interamente apostolica; le sue lettere rivelano infatti la vita interiore di un apostolo e di un missionario, spesso espressa con la semplice metafora delle sue “rose e spine”. Nelle lettere private, tra le righe, si coglie infatti l’interiorità di un apostolo, le sue gioie e le sue sofferenze, le sue speranze e le sue delusioni, ciò che egli sente nelle relazioni con le anime e nelle sue attività sacerdotali. Attraverso il suo carteggio quelle due porte ci conducono lentamente a contatto con la sua «autentica interiorità sacerdotale», con il suo essere più profondo, che era pienamente sacerdotale e missionario, capace di gioire intensamente nella contemplazione dell’opera dello Spirito Santo nel mondo ma anche di soffrire acutamente per il rifiuto dell’amore di Dio e della sua Chiesa da parte del mondo. L’autenticità sacerdotale del cuore di padre Giuseppe Picco è ben documentata dall’analisi delle brevi e semplici lettere private qui considerate.
Infine, dalle lettere si può rilevare che tale interiorità sacerdotale attingeva continuamente ad alcune grandi «sorgenti di grazia», anch’esse individuate e presentate: gli esercizi spirituali, che egli svolgeva fedelmente ogni anno; la S. Messa, celebrata quotidianamente, cui invitava i malati a partecipare anche solo in forma spirituale se non potevano farlo in altro modo; il rosario quotidiano, che con la sua dimensione contemplativa poteva essere pregato anche durante il cammino a piedi; la devozione al Sacro Cuore di Gesù, con la pratica dei primi venerdì del mese, le Leghe di perseveranza, l’offerta quotidiana e la riparazione; la spiritualità della vittima espiatrice, che rende ora chiaro il senso dei suoi comportamenti penitenziali e delle sue austerità; infine, la fede nell’efficacia della confessione e della comunione, che amministrava sistematicamente come suo principale apostolato dopo gli esercizi spirituali. Qui possiamo notare però una differenza. L’apostolato degli esercizi era un’attività ben strutturata, programmata, promossa e condotta dall’intera comunità dei gesuiti di Gozzano. Invece, il ministero delle confessioni e delle comunioni individuali non era affatto programmato; era affidato alla sola buona volontà e disponibilità del sacerdote, oltre che alla sua santità. Era un apostolato su richiesta e per gravi necessità, spesso collegato all’assistenza dei malati gravi o terminali. E’ ben documentato dalle lettere che padre Picco riceveva le più grandi consolazioni spirituali proprio nel portare e nell’amministrare i sacramenti ai malati più gravi.
Quello era il momento della sua maggiore creatività apostolica. Era un ministero che rientrava nella missione ricevuta, la quale nel linguaggio della Compagnia di Gesù si esprimeva con la categoria “operarius”, cioè di sacerdote che svolge vari ministeri sacerdotali per il popolo. Il portare la comunione ai malati, facendola precedere dalla confessione sacramentale, era per lui il momento della maggiore libertà e gratuità sacerdotale; il momento in cui avvertiva chiaramente la «guida dello Spirito», la seguiva e con essa affrontava viaggi e fatiche pur di portare la consolazione spirituale a dei malati. Quello era il momento della sua maggiore intimità con Dio e con l’uomo. Il momento in cui le «due linee» si fondevano, le «due porte» si aprivano e la sua «autentica interiorità sacerdotale» aderiva fedelmente alla «guida dello Spirito», presente ed operante nel suo cuore e nella storia. Era lo spazio dell’amore più grande e della carità più genuina, più sacerdotale e più gratuita. Dalle sue lettere è ben documentato come quei ministeri fossero il modo in cui egli meglio esprimeva la sua carità, nell’obbedienza alla missione ricevuta, ma anche con la creativa libertà apostolica della sequela dello Spirito, che conduceva dal profondo la sua vita.
“Solo e a piedi” è un titolo che è stato attribuito a sant’Ignazio di Loyola e che si può applicare assai bene anche a padre Giuseppe Picco. Il suo apostolato più vero, libero e gratuito, era portare a piedi Cristo presente nei sacramenti ai malati più gravi. Era una carità tutta sacerdotale, tutta sacramentale, ma anche attenta al bene integrale della persona, preoccupata della salute spirituale e di quella fisica.
P. Lorenzo Marcello Gilardi S.I.
Vicepostulatore, Villa Santa Croce, San Mauro Torinese 2009
Per le Attività degli Amici di Padre Picco e per gli Esercizi spirituali di Padre Gilardi ci sono delle persone di riferimento zonali a cui ci si può rivolgere per avere informazioni o per altro. Ecco i riferimenti fondamentali.
P. LORENZO MARCELLO GILARDI S.I. – Vice Postulatore
Casa religiosa dell'Istituto Aloisianum
Via San Luigi Gonzaga, n. 8
21013 GALLARATE (VA)
Telefono: 3299870609
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Don ENZO SALA – Parroco
Parrocchia San Giuliano
Via Vescovado e Basilica, n. 9
28024 GOZZANO (NO)
Tel. 0322 94763
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Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Sito:www.diocesinovara.it/gozzano
Don ANTONIO MARINO – Parroco
Parrocchia San Vincenzo martire
Piazza Vittorio Emanuele II, n. 5
10076 NOLE (TO)
Telefono: 011 9297100
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P. FRANCESCO MURGIA - Direttore
Villa Speranza – Padri Somaschi
Via della Consolata, n. 24
10099 SAN MAURO TORINESE (TO)
Telefono 011 8221158
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Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Sito: www.casaperferievillasperanza.it
P. ALAN HALL - Rettore
Santuario Sacro Cuore - Oblati di Maria Vergine
Via Sommeiller, n. 42
10064 PINEROLO (TO)
Tel. 0121.322055
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Suora RESPONSABILE
Casa di spiritualità Nostra Signora del Cenacolo
Piazza Guido Gozzano, n. 4
10132 TORINO
Tel. 011 8195445 – 011 8195905
E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Sito: www.cenacoloitalia.it/torino
Don RINO MONTAGNINI- Confessore in Duomo
Via Vescovado, 1
10064 PINEROLO (TO)
Telefono: 0121 77192
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Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Sito: www.diocesipinerolo.it/formazione
Madre FRANCESCA – Abbadessa
Monastero della Visitazione
Via Jacobino Longo, 5
10064 PINEROLO (TO)
Telefono: 0121 323016
E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Sito: www.ordinedellavisitazione.org
Nuove testimonianze sulla vita
In questa sessione pubblichiamo le testimonianze inedite sulla vita di padre Giuseppe Picco. Si invitano le persone che l'hanno conosciuto direttamente a comunicare alla Vice Postulazione gli episodi che sono stati vissuti, raccontandoli anche in un modo semplice e confidenziale. Ciò che conta è la sostanza degli eventi. Grazie a tutti coloro che vorranno collaborare alla diffusione di questa santa devozione.
La prima comunione di don Bartolomeo Ruffa
La "pioggia di grazie", cui il Venerabile Padre Picco spesso alludeva, non si è limitata solo ai pensieri e alle ispirazioni, ma si è realizzata ed è stata riscontrata in fatti quanto mai significativi.